Visita a Granada e al Lago Nicaragua – cap. 4

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Granada  al tramonto appare in tutta la sua esplosività.

La giornata di lavoro è appena finita e la gente si sta preparando per tornare a casa.

La cittadina de qua è, grazie alle sue testimonianze coloniali e ad incredibili risorse naturali, la  più bella e forse anche la più vivace  del Nicaragua.   Per secoli  ha avuto un’economia essenzialmente legata all’estrazione dell’oro e dell’argento,  oggi – invece –  si affida all’esportazione di cacao, mango e avocados.

E, invero, il furgoncino sul quale ho preso  il passaggio per arrivare fin qui è pieno proprio di avocados e, per scaricare la predetta merce, si ferma davanti al mercado municipal, inducendomi – per senso di riconoscenza –  a trasportare qualche cassetta.

Dopodiché  mi congedo e mi dirigo a piedi verso il lago Nicaragua. Il tratto da percorrere non è breve e la strada è buia, ma non mi spiace affatto camminare un altro po’.

Quando mi trovo davanti al lago, un lago che si trova a soli 18 km dall’oceano pacifico, ho la sensazione di essere già a mare. Proseguo così la mia  passeggiata, fino a quando  entro in una taverna,l’unica che mi ispira, e consumo  la  cena per un paio di dollari.

Poi chiedo all’oste:  “Avete una stanza?”

Risposta altrettanto sintetica: “Claro, amigo”.

L’indomani mi reco subito a visitare  il centro storico di Granada: la Cattedrale con il palazzo episcopale e piazza della Indipendencia, l’antico Club Social, le Chiese della Merced, di Guadalupe, di San Francisco e  Xalteva, nonché il collegio di San Antonio, la cappella de Las Animas, la fortezza di San Pablo e la piazzetta de los Leones.

I giorni successivi, invece, li dedico tutti al lago dirigendomi al puerto Asese per imbarcarmi verso l’arcipelago de Las isletas. Su uno di questi isolotti, tra l’altro, è possibile vedere delle scimmiette che, furbissime, si divertono a seguire i turisti per avere del cibo.

L’isola più grande del lago Nicaragua (e di tutto il mondo), tuttavia,  si trova quasi al suo centro e si chiama Ometepe. Si tratta di  un’isola costituita da due vulcani  uniti tra loro ( il Concepcion e il Maderas) e non a caso il suo nome  in lingua  nahuatl significa “due montagne”.
Il Nicaragua è la terra di vulcani per antonomasia, ma poter pernottare accanto ad un cratere osservando contemporaneamente il lago da vicino è uno spettacolo cui non ci si abitua  facilmente. L’isola, più in particolare, si estende su una superficie di circa 270 chilometri quadrati e i suoi abitanti, circa 35.000, si dedicano quasi esclusivamente alla coltivazione dei banani. Le strade sono davvero poche, come poche sono le macchine in circolazione. Le case, poi, sono praticamente delle capanne con l’amaca. Inutile dire che alla corrente elettrica – come all’acqua calda – è meglio non pensare. Infatti la luce, prodotta dal generatore, viene utilizzata il meno possibile e, quando cala il sole, l’isola si ritrova nel buio assoluto.

Di contro l’isola Zapatera, anche per la sua vicinanza alla terra ferma, è meno selvaggia, ma più pittoresca ed interessante dal punto di vista storico, visto che qui sono stati trovati   dei manufatti di epoca precolombiana che dimostrano che la zona è stata abitata fin dal 1500 A.C.

Dall’isola si vede anche il vulcano  Mambacho,  su cui mi reco per cimentarmi col canopy.

Senza ombra di dubbio questa è la  provincia del Nicaragua che più affascina lo straniero.
Se a Leon mi sono divertito di più grazie ad una serie di  incontri fortuiti, qui posso dire di aver trovato tutto ciò che cercavo: la libertà assoluta.

u11.

Capitoli precedenti:

Arrivo a Managua. Viaggio in Nicaragua – cap. 1

Leon ed il cerro negro. Viaggio in Nicaragua – Cap. 2

Si può fare, amigo – Masaya e los pueblos blancos – cap. 3

Granada e il Lago Nicaragua – cap. 4

Le isole del Mais. Caraibi – cap. 5

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