Alla scoperta delle isole del Maiz: Big Corn Island e Little Corn Island- Caraibi – (viaggio in Nicaragua, cap. 5)
Latitudine 12.01, longitudine -83.75.
Bluefields è un villaggio di pescatori con le tipiche case in legno dai colori sgargianti alla cui ombra si pongono in essere i peggiori traffici di droga. Al riguardo è inutile ribadire che il rischio di doversi andare a fare un bagno assieme ai pescecani è sempre fondato. Qui ogni mattina fa scalo un aereo bimotore partito da Managua e diretto alla maggiore delle isole Maiz. Dopo la breve sosta, il pilota si fa il segno della croce, fa un forte respiro e riparte per poi riatterrare mezzora più tardi su una piccola striscia d’asfalto nascosta tra le palme. Nel corso delle fasi di atterraggio il veivolo ballerà non poco: l’asfalto non è perfettamente battuto e qualche cunetta regalerà ai passeggeri la sensazione di essere sulle montagne russe. Tutto sommato però si tratta di un’adrenalina ben ripagata dallo spettacolo offerto dal mare caraibico.
Siamo in mezzo al nulla, lontani dalla costa e dalla civiltà, eppure siamo in mezzo ad un bel nulla ancora misconosciuto nonostante la presenza di numerosi resorts allestiti secondo i gusti più in voga.
A scoprirlo è stato uno svizzero – sì, uno svizzero! – che si è trasferito in Nicaragua da più di vent’anni e si è costruito una villa lussuosissima esattamente sulla più bella spiaggia di Corn Island. Quest’ultima ha una superficie di 10 km² ed è frequentata sopratutto da globtrotters che si credono alternativi, ma poi si divertono a fare immersioni accanto alla barriera corallina e in mezzo a tartarughe, barracuda, marlin, squali balena, nonché pesci variopinti di ogni dimensione e specie. L’isola è verdeggiante e ricca di palme da cocco e banani, ma non manca né il mango, né la papaya.
Di contro la gemella più piccola, Little Corn Island, misura appena 2,9 km² di superficie ed è meno attrezzata rispetto alla maggiore. Ciò nonostante nemmeno sulla piccoletta mancano amache e palafitte per i turisti, anche se il proprietario, un americano degli states, ci tiene a rimarcare di essere veramente alternativo per il tramite di una frase incisa su un cartello: “no phones, no worries, no jet skis, no cocktail umbrellas”.
Sulle isole si parla prevalentemente inglese e diversi abitanti, nati in paesi lontani dal mare ( Usa, Inghilterra, Svizzera, Milano) e in cui si va sempre di corsa, si sono trasferiti qui per aderire ad una nuova filosofia di vita riassunta dalla massima del seguente tenore: non fare oggi ciò che puoi fare domani, non fare domani ciò che puoi fare dopodomani.
Tra questi vi è anche Giorgio, in loco dal 1998 e felice di vivere su una palafitta accanto al mare. Qui si vive essenzialmente di turismo e di pesca. Tanto è vero che basta buttare un amo a mare e il risultato è assicurato in sovrabbondanza. Eppure leggenda vuole che Big Corn Island sia stata in realtà un’isola in cui si rifugiavano i pirati e, invero, se si osserva la sua fisionomia, si scoprirà che ha la forma di un teschio.
Del resto molti costumi indigeni sembrano ricalcare quelli dei pirati: tanto per fare un esempio ogni anno, ad agosto, si celebra la fine della schiavitù mangiando zuppa di granchio e bevendo Rum.
Inoltre non appare casuale che la personalità più potente dell’isola sia un tale che si fa chiamare Morgan e sostiene di essere l’erede del celebre pirata inglese. Lui però, almeno ufficialmente, non si dedica alla pirateria e ha una grossa società che acquista tutto il pescato locale per poi esportarlo negli Stati Uniti.
Quisquilie per un turista di passaggio.
Infatti ciò che interessa al forestiero che atterra col bimotore sono essenzialmente due cose: la prima è che ci sia una maschera disponibile per fare snorkeling, la seconda è che riesca a montare la vela per sfruttare al meglio la brezza che soffia attorno all’isola.
Tutto il resto, invece, sono solo aneddoti da raccontare al tramonto al chiringuito mentre pompano musica e servono cocktails.
Capitoli precedenti:
Arrivo a Managua. Viaggio in Nicaragua – cap. 1
Leon ed il cerro negro. Viaggio in Nicaragua – Cap. 2
Si può fare, amigo – Masaya e los pueblos blancos – cap. 3
[…] Le isole del Mais. Caraibi – cap. 5 […]
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Sei un grande.
E’ sempre un enorme piacere leggerti
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Ancora un bellissimo racconto del tuo viaggio! Ma alla fine raccoglierli tutti in un romanzo no?
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Magari, cara Silvia!
Per ora mi accontento che ti piaccia 🙂
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Mi raccomando, voglio una copia autografata 😉
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Certo, ma non su cambiale :-p
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Nob ho ben capito dove sia questo paradiso che lo potrei considerare x dicembre….
Ma la massima del’isola è la medesima che usiamo nel salento e che continuo a usare a bologna dove vivo ma cmq dovunque vado…. he meraviglie narrabondo… bravoooo
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Eh,diciamo che sta molto in alto mare 🙂
Mi piace la tua filosofia di vita! !!!
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Già non male ;* allora dicembre in nicarugua? E settembre cosa avevu programmato?
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A settembre? Non lo so proprio.
Vedrò all’ultimo 🙂
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Grande
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Complimenti per la recensione e per le foto.
Ciao
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Visto che il Nicaragua non è poi così terribile?
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Ma hai raggiunto posti non proprio comodissimi…
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Come faccio a trasferirmi su queste meraviglie ?
Grazie per il tour e per avermi fatto sognare ad occhi aperti 😘
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Guarda, ti accoglierebbero volentieri.
Non è difficile integrarsi 🙂
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