Nonno, portami in Paradiso.

nonno

Ogni volta che apro la porta della casa di Napoli, ricordo quando mio nonno ci si nascondeva dietro per sorprendermi.

Negli anni in cui ho vissuto da solo in quell’appartamento, non ho mai avuto il coraggio di sedermi in quella che era la sua sedia come se dovesse arrivare da un momento all’altro. Né – se non in rare occasioni – sono entrato in quella che era la sua stanza da letto.

Lui era un mago.

Mi portava sempre in giro in posti bellissimi  e, ogni tanto, quando eravamo nel traffico in macchina, mi faceva comparire un tarallino o un altro sfizietto da non so dove.  Quando lo andavamo a trovare, siccome allora ero magrissimo, mi prometteva che – se avessi mangiato tutto – mi avrebbe portato a comprare i giochi.
E io, anche se poi non ci riuscivo, mi sforzavo davvero di farlo.

Alla fine però mi ci portava comunque in quello che io chiamavo “il paradiso”, ovvero in uno di quei megastore di Pompei/Castellammare/Casoria che in  quel periodo iniziavano a sorgere. La ricordo ancora l’emozione che provavo quando vedevo il curvone dietro il quale spuntava l’Euromercato con tutti quegli scaffali pieni di giochi.

Nonno mi portava ovunque,  anche a comprare il pesce a Pozzuoli  e  alla clinica in cui lavorava. “Questo è vostro nipote, il primo della classe”?, diceva sempre qualche infermiera cui nonno aveva parlato di me. La sera, prima di andare a dormire, mi veniva sempre a controllare e mi rimboccava le coperte. A dire il vero le coperte le rimboccava a tutti, anche a mamma e a mia sorella.

Una volta a carnevale, siccome nonno era venuto a casa, a scuola finsi di avere mal di pancia.

Per non tradirmi, mi feci fare anche una camomilla, ma – siccome nonno voleva uscire – lo accompagnai a fare una passeggiata.  Nell’uscire portai con me anche la spada di plastica  che faceva parte del vestito di zorro.

Il fato però volle che, in quella occasione, venissi sorpreso per la strada dalla maestra che, nello scoprire che me l’ero svignata con un raggiro, fece una faccia che era tutta un programma.  Siccome però ero con nonno, credo che mi perdonò.

Con lui era sempre festa.

A Natale riempiva la casa di panettoni e a Pasqua  di colombe da intingere nel latte a colazione.  A Pasqua comprava anche la gallina di cioccolato, ma non si poteva mangiare perché – ogni giorno – quella gallina faceva trovare un paio di uova ( sempre di cioccolato). Una volta mi nascosi persino sotto al sedile della macchina perché se ne stava andando e non mi volevo separare da lui.

Nonno, però, non era babbo natale.  Era una persona colta, piena di umanità, generosa ed estremamente spiritosa. Amava la compagnia e sedersi  al Gran Caffé in attesa che passasse qualche conoscente.

Ogni tanto mi sgridava pure, soprattutto quando mi chiedeva di dire le preghiere e io facevo “una preghiera troppo veloce”. Me la faceva sempre rifare, perché – mi spiegava – le preghiere sono una cosa seria. Si arrabbiava pure quando mi stendevo sul divano e, per stare più comodo, appoggiavo i piedi sulla sedia su cui era seduto lui.

Ciò nonostante era sempre contento quando  rimaneva a guardare la televisione mentre tutti erano andati a dormire e scopriva che io mi ero nascosto dietro al divano del tinello.

Ed era contento pure quando mi voleva portare all’Edenlandia, allo zoo e si voleva far raccontare del circo o di quando avevo dato da mangiare il pane agli elefanti. A volte mi metteva pure in difficoltà quando mi faceva delle strane domande sul bene che gli volevo: “vuoi più bene alla nonna o al nonno”? Io non capivo la domanda e, pur di fornire una risposta,  allargavo le braccia per indicare la grandezza del bene che volevo a ciascuno di loro.
E lui rideva.

Rideva pure nonna.

E pure mamma.

Il momento più triste dei miei primi  10 anni è stato quando ha rischiato di morire e io, prima di partire per Napoli, dovetti portare a passeggio Toby e incontrai per la strada il mio compagno di classe Cristiano.

Quella volta feci una preghiera molto seria, ma che spavento che mi fece prendere!

Quattro anni dopo non si presentò alla “festa” del mio compleanno e io mi offesi davvero tantissimo con lui. Poi, dopo un qualche giorno, lo perdonai e lo andai a trovare prima di andare a mare.

Nel salutarlo gli dissi che sarei tornato il giorno dopo. “Ci vediamo stasera o domani, nonno”. Lui mi rispose con   “grazie per essere venuto”.

Furono per me le sue ultime parole.

5 commenti

  1. Bellissimo questo pensiero che hai avuto per tuo nonno. Bellissimo come anche il ricordo che conservi di lui. Ma che carina la cosa della gallina di cioccolata che non si poteva mangiare 😀 Ovviamente passata la Pasqua le tiravate il collo senza pietà vero? 😉
    Io invece i centri commerciali li odiavo già nelle prime forme embrionali. Non sono un animale da shopping 😛
    Ma sai che forse Edenlandia è in procinto di riapertura?
    Buona domenica 😉

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    • Grazie mille. Ovviamente, quando la gallina la smetteva improvvisamente di produrre, veniva sacrificata senza pietà alcuna. So di Edenlandia e non vedo l’ora. Finalmente!!!!!! PS odio anche io i centri commerciali, ma quei giochi erano troppo belli

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