Sulle strade del Kenya. Intervista a Diana Maria Facile

Diana Maria Facile è l’autrice del blog laglobetrotter ed è una viaggiatrice estrema. In assenza di pandemie dedica, infatti, metà dell’anno ad un grande viaggio e l’altra metà al lavoro per racimolare i soldi sufficienti per viaggiare. Con la pubblicazione di “Sulle strade del Kenya”, pur nella prospettiva privilegiata di ospite di una famiglia locale, si è voluta soffermare su uno dei paesi più complessi del continente nero raccontando altresì le difficoltà che ha una bianca nel cercare di integrarsi con la popolazione locale. Viene così tratteggiato un quadro ricco di contraddizioni in cui a vincere è la forza della natura.

1 – Nel tuo blog c’è sempre stata tanta Africa. Cos’ha di diverso rispetto agli altri continenti?

Non è una domanda facile a cui rispondere, né tantomeno una domanda che si può liquidare in poche righe per cui, visto che non è mia intenzione annoiare chi legge, mi limiterò a rispondere con un’espressione che tutti conosciamo, anche solo per sentito dire: il Mal d’Africa.

2 – Nel libro ci porti in Kenya. Perché proprio il Kenya?

Ho scelto di raccontare il Kenya per due ragioni. In primis perché è stato un viaggio difficile che mi ha messa a dura prova, quantomeno fino a quando non mi sono allontanata dalla zona più turistica e dall’immagine del mzungu quale bancomat ambulante. La seconda è di natura sentimentale: prima di lasciare il Kenya ho promesso alla famiglia che mi ha ospitata una settimana in un villaggio nei pressi di Kakamega Forest che se mai avessi scritto un libro, sarebbe stato sul Kenya e sui giorni trascorsi a casa loro. Ogni promessa è debito e quando Alpine Studio Editore mi ha proposto di scrivere un libro di viaggio, non ho esitato un istante nel parlare del Kenya.

3 – Oltre alle contraddizioni del paese, cos’hai voluto raccontare? Che temi affronti?

Ho cercato di raccontare la bellezza di un paese che va ben oltre la savana, gli animali e le splendide spiagge. Ho cercato di raccontare il Kenya della gente e l’umanità che contraddistingue questo splendido popolo, specialmente fuori dai luoghi battuti dal turismo di massa dove il bianco smette di essere mzungu e diventa persona.

4 – Tu viaggi spesso zaino in spalla e in modo low budget. Com’è farlo nel continente nero?

La vita di un backpacker in Africa, e in Africa Orientale ancor di più, è sicuramente più complicata che in altre aree del mondo, come il Sud-est asiatico e il Sud America, ma non impossibile: l’importante è disporre di una pazienza infinita e di un grande spirito di adattamento (anche se, lo confesso, io ogni tanto ho dato di matto!)

5 – L’essere donna in cosa ti ha agevolata e in cosa limitata?

Con le dovute accortezze, che poi sono quelle che uso sia quando viaggio all’estero che quando sono in Italia, l’essere donna non mi ha agevolata né limitata in nulla. Una passeggiata su una spiaggia isolata di notte non la faccio in Kenya come non la faccio in Liguria, e probabilmente non la farei nemmeno se fossi uomo.

6 – Scriverai un altro libro?

L’idea mi sta frullando per la testa, deve solo prendere forma.

7 – Qual è la riflessione di fondo che ne esce?

Se me lo consenti, mi astengo dal rispondere a questa domanda perché credo che un lettore debba seguire la sua strada, come nel viaggio, e trovare i suoi spunti di riflessioni. Credo di averne dati vari e non sono sicura ce ne sia una predominante.

8 – Chi sono i mzungu?

Mzungu è il termine utilizzato in Africa Orientale per identificare noi bianchi, alla stregua del toubab nei paesi dell’Africa Occidentale. Indipendentemente dalla nazionalità, il bianco è sempre un mzungu, con tutte le connotazioni positive e negative di cui questa parola si fa portavoce.

9 – Hai stretto molti legami in Kenya?

Pochi ma buoni. Quelli sufficienti a regalarmi i momenti di condivisione che sopravvivono ancora oggi, nel ricordo, e mi legano a questo paese.

10 – Il prossimo viaggio dove vorrai farlo?

Questa è l’intervista dalle domande difficili. Dopo un anno nefasto come quello in corso, non ho voglia di pensare al prossimo viaggio che chissà quando sarà. Dobbiamo vivere giorno per giorno, senza programmare troppo il futuro, nemmeno quello più prossimo, per cui non so dove andrò (né dove vorrei andare), però ho una serie di idee, dal Deserto dell’Algeria alla Valle dell’Omo in Etiopia, oppure mi piacerebbe tornare in Amazzonia e navigare dalla Colombia al Brasile, e mi incuriosisce anche il Borneo Indonesiano (ma potrei andare avanti all’infinito). L’unica cosa certa è che appena quest’incubo finisce, io parto!

  • Sulle strade del Kenya. Una mzungu tra le contraddizioni dell’Africa di Diana Facile, Alpine edizioni, pagine 200, euro 15,96

3 commenti

  1. Ciao Kikka, “viaggiatrice estrema” è un po’ esagerato a mio avviso! Poi tutto dipende su cosa si intende per “estremo”, io mi limito semplicemente trasportare dal flusso degli eventi…

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  2. Oddio, mete non proprio “scontate”, d’altronde se la definizione è “viaggiatrice estrema…”
    Io non ne sarei capace, dico la verità. In vacanza posso visitare e camminare, ma non in condizioni estreme.

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