Il barocco napoletano.

Napoli nell’Arte del Seicento: Splendore Barocco, Rivoluzioni Caravaggesche e il Patos di una Capitale

Il Seicento è un secolo di straordinaria intensità per Napoli, un periodo in cui la città, sotto il vicereame spagnolo, raggiunge il culmine della sua espansione demografica e diventa una delle metropoli più popolose e culturalmente vivaci d’Europa. Questo dinamismo si riflette con forza nell’arte, che esplode in forme sfarzose e drammatiche, dando vita a un Barocco napoletano distintivo, intriso di teatralità, pathos e una profonda religiosità.

È un’epoca di grandi committenze, sia religiose che private, che attraggono a Napoli artisti di fama internazionale e fanno emergere talenti locali eccezionali. La città diventa un crocevia di influenze, un laboratorio in cui l’eredità tardo-rinascimentale si fonde con le nuove istanze del naturalismo e del classicismo, creando un linguaggio artistico unico e potente.


L’Arrivo di Caravaggio: La Rivoluzione della Luce e del Naturalismo

Il momento più dirompente per l’arte napoletana del Seicento è senza dubbio l’arrivo di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610) in città. Caravaggio giunse a Napoli nel 1606, in fuga da Roma dopo un omicidio, e vi rimase per circa un anno, per poi tornare nel 1609 per un periodo più breve. Il suo passaggio fu un vero e proprio terremoto artistico, lasciando un’impronta indelebile e generando una “scuola” di seguaci che ne assorbirono e svilupparono la lezione.

  • Le opere napoletane: A Napoli, Caravaggio realizzò alcuni dei suoi capolavori più intensi e drammatici:
    • Le Sette Opere di Misericordia (1606-1607): Conservato al Pio Monte della Misericordia, questo dipinto è un manifesto del suo realismo crudo e della sua capacità di rappresentare la sacralità nella quotidianità e nella sofferenza umana. La luce tagliente e le figure possenti che emergono dal buio sono un concentrato di fede, carità e dramma.
    • Flagellazione di Cristo (1607 circa): Oggi al Museo Nazionale di Capodimonte, quest’opera colpisce per la sua violenza e il suo pathos, con corpi muscolosi e realistici illuminati da una luce caravaggesca che ne esalta la drammaticità.
    • Davide con la testa di Golia (1607-1610 circa): Ne esistono due versioni attribuite al periodo napoletano, una conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’altra forse quella finale della Galleria Borghese a Roma.
  • L’Influenza di Caravaggio: La sua pittura, caratterizzata da un naturalismo radicale, dall’uso del chiaroscuro (o tenebrismo) per creare effetti drammatici di luce e ombra, e dalla rappresentazione di personaggi con volti e corpi presi dalla vita comune, rivoluzionò il modo di dipingere. Divenne il punto di riferimento per una generazione di artisti che cercarono di emularne la forza espressiva e la capacità di portare la realtà sulla tela.

La Pittura Barocca Napoletana: Maestri e Scuole

L’eredità di Caravaggio si mescola con la grande tradizione pittorica napoletana e le influenze del Barocco romano, dando vita a uno stile riconoscibile per la sua forza cromatica, il dinamismo delle composizioni e l’intensità emotiva.

  • Battistello Caracciolo (1578-1635): Considerato il primo e più fedele seguace di Caravaggio a Napoli. Caracciolo assimilò profondamente il tenebrismo e il naturalismo del maestro, ma sviluppò un proprio stile, più monumentale e con una predilezione per le grandi composizioni. Le sue opere, come la Liberazione di San Pietro nella chiesa del Monte della Misericordia, mostrano una grande potenza espressiva.
  • Jusepe de Ribera (Lo Spagnoletto) (1591-1652): Artista spagnolo che trascorse gran parte della sua vita a Napoli, diventando una figura centrale della pittura napoletana del Barocco. Ribera fu un maestro del naturalismo e del chiaroscuro, ma con una sua specificità: i suoi personaggi sono spesso figure di santi e martiri rappresentati con un realismo quasi brutale, una forte carica drammatica e una predilezione per i corpi anziani e segnati dal tempo. Le sue opere sono permeate da un senso di sofferenza e di profonda spiritualità. Tra i suoi capolavori a Napoli: San Gennaro indenne dal fuoco (Duomo), Sant’Andrea (Certosa di San Martino), Sileno Ebbro (Capodimonte).
  • Massimo Stanzione (1585-1656): Definito il “Caravaggio elegante”, Stanzione fuse il naturalismo caravaggesco con un classicismo più raffinato e un cromatismo più ricco, spesso ispirandosi ai Carracci e a Guido Reni. Fu uno dei pittori più richiesti dalla nobiltà e dal clero napoletano. Le sue opere, come la Pietà (Certosa di San Martino), sono caratterizzate da figure possenti e un equilibrio compositivo.
  • Artemisia Gentileschi (1593-dopo 1654): La celebre pittrice romana trascorse due lunghi periodi a Napoli (dal 1630 al 1654, salvo una parentesi londinese). La sua pittura, forte e drammatica, si inserisce nel solco del caravaggismo, con una predilezione per le figure femminili eroiche. A Napoli realizzò diverse opere importanti, tra cui San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli (Duomo di Pozzuoli) e la Nascita di San Giovanni Battista (Museo di Capodimonte).
  • Giovanni Lanfranco (1582-1647): Pittore parmense che lavorò a Napoli dal 1634 al 1646. La sua pittura barocca, caratterizzata da grandi composizioni dinamiche e illusionistiche, è evidente negli affreschi della Cupola del Tesoro di San Gennaro nel Duomo, dove seppe creare un effetto di profondità spaziale e un senso di ascesa vertiginosa.
  • Mattia Preti (1613-1699): Il “cavaliere calabrese” è una delle figure più affascinanti e prolifiche del Barocco napoletano tardo. Dopo aver soggiornato a Roma, si stabilì a Napoli, lasciando un’eredità immensa. La sua pittura è caratterizzata da un chiaroscuro potente, da figure energiche e da un forte senso drammatico. Le sue opere, come gli affreschi della Porta di San Gennaro (oggi perduti in gran parte ma testimoniati da disegni) o la Peste a Napoli (Museo di Capodimonte), riflettono il clima di epidemie e crisi che affliggeva la città.
  • Luca Giordano (1634-1705): Soprannominato “Luca Fapresto” per la sua velocità esecutiva, Giordano è la figura dominante della fine del Seicento napoletano, ponte verso il Settecento. La sua pittura è caratterizzata da una straordinaria ricchezza cromatica, da composizioni ampie e dinamiche, e da una grande fluidità. Fu un artista di fama europea, richiestissimo dalle corti. A Napoli, le sue opere adornano numerosissime chiese e palazzi, come gli affreschi della Certosa di San Martino e della Chiesa di San Gregorio Armeno. La sua capacità di unire la teatralità barocca con una luce più limpida anticipa già il Rococò.

Architettura Barocca: Una Città che si Trasforma in Scena

Il Seicento è il secolo in cui Napoli si trasforma in una delle capitali del Barocco, con un’architettura che mira a stupire, a coinvolgere emotivamente e a celebrare la grandezza del potere religioso e nobiliare.

  • Cosimo Fanzago (1591-1678): Architetto, scultore e decoratore di origini bergamasche, ma attivo quasi esclusivamente a Napoli, Fanzago è l’incarnazione del Barocco napoletano. Il suo stile è riconoscibile per la ricchezza decorativa, l’uso di marmi policromi, il virtuosismo scultoreo e l’esuberanza. A lui si devono:
    • La facciata monumentale del Complesso di San Martino (Certosa e Chiesa), con la sua scalinata scenografica.
    • Numerosi interventi nelle chiese, come il Gesù Nuovo (il celebre “diamante” della facciata), la chiesa di Santa Teresa a Chiaia, l’Obelisco di San Gennaro (in Piazza Sisto Riario Sforza). Fanzago seppe combinare elementi architettnici con sculture e decorazioni, creando spazi di grande impatto visivo.
  • Francesco Grimaldi (1543-1613): Frate architetto che operò a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Il suo stile, ancora legato al tardo Rinascimento ma con aperture al Barocco, è evidente nella progettazione della Chiesa di San Paolo Maggiore e della Chiesa di San Gregorio Armeno, che poi saranno riccamente decorate nel corso del secolo.
  • Pietro De Marino (attivo metà XVII sec.): Architetto che ha contribuito a numerosi progetti barocchi, spesso in collaborazione con altri artisti.

Scultura Barocca: Pathos, Dinamismo e Virtuosismo

La scultura napoletana del Seicento è profondamente influenzata dalla pittura, specialmente dal naturalismo e dal dramma di Ribera. Si caratterizza per un forte pathos, il dinamismo delle composizioni e un notevole virtuosismo nella lavorazione del marmo e del legno.

  • Pietro Bernini (1562-1629): Padre del celebre Gian Lorenzo, Pietro Bernini lavorò a Napoli nei primi anni del secolo. Le sue sculture, come l’Angelo con la fiaccola nella Chiesa di San Domenico Maggiore, mostrano già un’apertura al linguaggio barocco, con un senso del movimento e della gestualità.
  • Cosimo Fanzago: Come architetto, Fanzago fu anche un prolifico scultore. Le sue sculture, spesso in marmo, decorano chiese e fontane, e sono caratterizzate da una forza espressiva e da un dinamismo che si sposano perfettamente con la sua architettura. Si pensi alle figure allegoriche e agli angeli che animano le sue realizzazioni.
  • Fanzago e il suo Studio: Il suo studio fu una fucina di talenti, che contribuirono a diffondere il suo stile, caratterizzato dall’uso sapiente di marmi intarsiati, bronzi e stucchi per creare effetti di lusso e sontuosità.

Le Collezioni e le Committenze: Il Ruolo dei Viceré e della Chiesa

Il fervore artistico del Seicento a Napoli fu alimentato da una forte domanda e da committenze importanti:

  • I Viceré Spagnoli: I viceré, inviati dalla corona spagnola, ambivano a celebrare il loro potere attraverso l’arte. Commissionarono opere per palazzi, chiese e opere pubbliche, attirando artisti e maestranze.
  • La Chiesa: Il ruolo della Chiesa cattolica fu fondamentale. In risposta alla Controriforma, si cercava di ispirare la devozione dei fedeli attraverso opere d’arte di grande impatto emotivo, che comunicassero la fede in modo diretto e potente. Molte delle opere più significative del Seicento napoletano si trovano nelle chiese e nei complessi religiosi.
  • Le Grandi Famiglie Nobiliari: Le ricche famiglie aristocratiche napoletane gareggiavano nel commissionare opere d’arte per le proprie dimore e le cappelle di famiglia, alimentando un mercato artistico vivace.

L’Eredità del Seicento Napoletano

Il Seicento lascia a Napoli un’eredità artistica immensa e duratura. La città, grazie all’arrivo di Caravaggio e all’opera di artisti come Ribera, Stanzione, Preti, Giordano e Fanzago, si afferma come uno dei poli più importanti del Barocco in Europa.

Il Barocco napoletano si distingue per:

  • Il Chiaroscuro Drammatico: Un uso potente della luce e dell’ombra per creare effetti di grande impatto emotivo, ereditato da Caravaggio.
  • Il Naturalismo Intenso: Una rappresentazione della realtà spesso cruda, ma sempre intrisa di verità umana e psicologica.
  • La Teatralità e il Pathos: Le composizioni sono dinamiche, i gesti enfatici, le espressioni intense, tutto volto a coinvolgere emotivamente lo spettatore.
  • La Ricchezza Cromatica e Decorativa: Un uso sapiente del colore, dei marmi policromi, degli stucchi e degli affreschi illusionistici per creare ambienti sfarzosi e maestosi.
  • Una Profonda Religiosità: Molte delle opere riflettono la spiritualità intensa e a tratti drammatica della Controriforma, con una predilezione per temi come il martirio, la carità e la devozione.

Ancora oggi, passeggiando per le vie di Napoli, si respira l’atmosfera di quel secolo magnifico. Le chiese, i palazzi, i musei sono scrigni che custodiscono i capolavori di un’epoca in cui l’arte napoletana brillò di una luce propria, unica e indimenticabile, plasmando in maniera decisiva l’identità artistica della città.

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