Lima e la sorprendente eleganza del museo archeologico Larco Herrera


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( Perù – cap. 13)

Nel corso di questo viaggio siamo passati ben tre volte per Lima, ma è come se non la conoscessimo affatto. Anzi, diciamolo: non siamo mai stati in centro e abbiamo fatto solo qualche passeggiata serale tra Barranco e Miraflores.

Della prima ho già scritto all’inizio di questo racconto e non ritengo opportuno soffermarmi nuovamente.

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Relativamente a Miraflores, posso invece limitarmi a sostenere che si tratta del quartiere meno peruviano che abbia mai visto. E’, invero, la zona più elegante della città ed è per questo caratterizzata da grattacieli, negozi e tantissimi locali ( bar, ristoranti, discoteche) frequentati prevalentemente da stranieri.

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Ora il problema è che a Lima, una metropoli di dieci milioni di abitanti in cui vive un terzo della popolazione totale del Perù, è davvero difficile spostarsi a causa del traffico. Le strade, infatti, sono perennemente intasate dai taxi.  Si dice che ve ne siano più di trecentomila, anche se – non occorrendo un’autorizzazione – è impossibile farne una stima precisa.

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Eppoi, inutile negarlo, c’è l’aspetto legato alla criminalità: è una città in cui bisogna stare molto attenti.

Ciò nonostante abbiamo deciso di lasciare il nostro ultimo giorno di permanenza in Perù proprio per dedicarci alla visita della sua capitale.

Per questo motivo, pieni di entusiasmo, abbiamo raggiunto il centro storico di prima mattina camminando per le principali vie pedonali e raggiungendo infine la plaza de Armas, la piazza più coreografica della città, anche se la cattedrale all’interno è abbastanza deludente. Qui, tra l’altro, è in corso anche una parata militare con a seguito una banda musicale ed è davvero singolare vedere un carroarmato bloccato nel traffico di Lima.

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In seguito abbiamo poi visitato la Chiesa di San Francisco e quella di Santo Domingo per poi attraversare i palazzi del potere fino al fiume Rimac e all’omonimo quartiere.

Fine.

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Lima, infatti, è sì una città di dieci milioni di abitanti, ma ha un centro storico più piccolo di un paesino sperduto di provincia. Fa specie attraversare il palazzo del governo e poi, dopo pochi metri, sentirsi subito in periferia.  Per questo motivo, il mio giudizio sulla città non potrebbe che essere estremamente negativo se non fosse per il museo Larco Herrera, un museo che si trova nel quartiere di pueblo libre e che raggiungiamo in taxi ( altrimenti è complicato).

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Ora, siccome Lima è una città abbastanza “trasandata”, uno si aspetterebbe di entrare in un casermone brutto in cui sono esposti tutti gli oggetti del museo.

Invece il museo Larco Herrera è ospitato da un villino molto raffinato che dà l’impressione di entrare in casa di un ricco filantropo con la passione per l’arte.

Ed in effetti è così, visto che è stato istituito nel 1926 da Rafael Larco Hoyle, rampollo di una famiglia molto possidente con  più interesse per l’archeologia che per gli affari di famiglia.

Una volta entrati nei suoi ambienti, si ha infatti subito la consapevolezza di essere nel più bel museo del Perù e di poter in effetti avere piena contezza di quella che è stata la storia delle popolazioni preincaiche e incaiche che vivevano nel nord del paese ( Paracas in particolare).

Si vedranno così manufatti dati tra l’VIII e il XVI  sec  osservando in che modo andavano bardati gli inca in guerra, i loro orpelli in oro e gli oggetti utilizzati per i sacrifici umani.

Il museo,tra l’altro, permette di accedere anche ai depositi e ai giardini dando così di sè l’immagine di sito moderno  “totally opened”.

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Insomma, conoscerlo mi è piaciuto e credo che la sua visita sia imprescindibile se si vuole capire qualcosa della storia del Perù.

Ciò premesso, il punto è che si è fatta una certa ora e vogliamo tornare a Miraflores  per mangiare il nostro ultimo ceviche da Alfresco. Conseguentemente, appena usciti dal museo archeologico, ci fiondiamo in un taxi per andare il prima possibile alla calle de la pizza.

Il tassista però è un tipo assai curioso e, appena saliamo a bordo, ci tempesta di domande chiedendoci che cosa ci fosse in questo museo a lui sconosciuto. Inizia così una simpatica chiacchierata con argomento principale la situazione politica del Perù. Come è possibile che un paese che ha tante risorse naturali ( oro, argento, petrolio) sia così rassegnato e povero?

In queste settimane un’idea me la sono fatta, ma non mi sembra carino dire al tassista che, a parer mio, la causa del sottosviluppo  va riconosciuta principalmente nei peruviani stessi. Così recito la parte del tribuno della plebe e mi lascio  andare al qualunquismo.

Dopodiché io e Lalli ce ne andiamo a pranzo e poi a recuperare i nostri zaini: il viaggio è ufficialmente finito e non ci resta che andare in aeroporto.

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Prendiamo quindi il metropolitano, entriamo in un colectivo, poi attraversiamo a piedi le strade a percorrenza veloce fino ad arrivare all’interno del blindatissimo aeroporto. Se al nostro arrivo in Perù eravamo timorosi persino stando in un taxi, ora – più smaliziati – ce ne andiamo come nemmeno un peruviano medio farebbe mai, cioè facendoci strada nel terribile quartiere del Callao.

Eppure non è ancora arrivato il momento dei flashbacks e di pensare a come questo viaggio ci abbia cambiato ( ogni vero viaggio deve cambiarti, altrimenti non è un viaggio):

ho infatti la sensazione che l’avventura più bella debba ancora arrivare e guardarsi ora alle spalle sarebbe un delitto.

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8 commenti

    • Esatto. Vai lì, al convento di San Francisco, a Miraflores ( dove ti consiglio il ristorante Alfresco: è caro, ma ne vale la pena) e poi scappa via da Lima perché in Perù c’è ben altro.

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