“La regina soldato sui bastioni di Gaeta” (Marcel Proust).
« Piuttosto che stare qui, amerei morire negli Abruzzi in mezzo a quei bravi combattenti. » |
(Maria Sofia di Baviera durante l’Assedio di Civitella del Tronto). |
Se avessi dovuto affrontare la maturità, io avrei scelto il tema sulla prima guerra mondiale e avrei scritto di una signora bavarese che, da nemica, andava ad assistere i soldati meridionali feriti sul confine orientale. Quella signora – che ai curiosi rispondeva di essere “una persona che conosce molto bene Napoli” – era Maria Sofia di Borbone, l’ultima sovrana delle Due Sicilie.
Successivamente mi sarei chiesto cosa avrà pensato quella signora nel registrare che il popolo napoletano – la cui patria era stata invasa e saccheggiata cinquant’anni prima per mano degli italiani – era stato costretto a combattere proprio per l’Italia.
Maria Sofia, infatti, dopo aver abbandonato Napoli, si era rifugiata prima a Roma e poi – dopo un prolungato soggiorno a Parigi – era tornata nella sua Baviera.
La sua “resistenza” all’Italia fu – pertanto – a tutto campo e visse, da protagonista, sia il risorgimento che la grande guerra.
Se subito dopo la caduta di Gaeta e delle Due Sicilie aveva organizzato la spedizione di Josep Borges e finanziato il brigantaggio, negli anni successivi si guadagnò l’appellativo di “regina degli anarchici” aiutando Giovanni Passanante e Gaetano Bresci nei loro progetti di attentato – purtroppo falliti – ai re savoia.
Infine nella guerra del ’14-18 si schierò per l’impero Austro-Ungarico governato dal marito di sua sorella Sissi – che era stata uccisa in un agguato un decennio prima – e coordinò le attività di spionaggio.
Ciò nonostante non fece mai mancare il suo supporto ad ogni napoletano ferito che – suo malgrado – era stato costretto a combattere per la parte sbagliata.