A Madrid il mare non è ancora arrivato, ma non dubito che si stiano attrezzando.
C’è una afa maledetta sia in aeroporto che in metropolitana, ma la verità è che il mio è solo caldo derivante dalla fretta. La capitale, in fondo, è la città meno spagnola che conosca. E’ moderna ed elegante, ma priva di storia.
E chi non ha storia non possiede una comune eredità di ricordi in cui riconoscersi.
Tutti vanno di corsa, tutti sono indaffarati, tutti sono stressati e tutto questo non è per nulla spagnolo. Basta osservare le facce accanto alla mia per scoprire un melting pot di razze accomunate dal continente latinoamericano.
La mia guida personale ha il gravoso compito di farmi conoscere la Madrid non presente sulle altre guide e lo fa subito portandomi a vedere le pagode giapponesi e i murales dei parchi dietro casa sua.
Ecco, di Madrid mi piace soprattutto il verde dei suoi parchi: è il modo migliore per dimenticare lo stress causato da una città che cresce troppo in fretta e in cui nemmeno i vicini di casa si salutano più.
La visita alla città inizia dalla funivia ( el teleferico) che sorvola il parque del Oeste permettendo di osservare il palazzo reale.
Dopodiché arriva l’imprevisto: il tempio di Debod.
Che accidenti ci fa un tempio egizio in pieno centro a Madrid?
Non è stato razziato come è hanno fatto altri stati che, con la roba degli altri, ci hanno riempito i loro unici musei ( id est: l’Inghilterra!), ma si tratta – più semplicemente – di un dono.
E’ stato, infatti, donato dall’Egitto nel 1968 per ringraziare la Spagna franchista dell’aiuto fornito per salvare i templi della Nubia minacciati dalla costruzione della diga di Assuan. Un regalo similare è stato fatto nella medesima occasione anche all’Italia, ma nella fattispecie Torino ci mise le mani sopra: in Italia anche i regali si rubano.
Proseguiamo, intanto, per la plaza de Espana – dominata dal monumento a Cervantes e al suo Don Chisciotte – lasciandoci alle spalle i grattacieli di epoca franchista per risalire lungo la Gran Via,
Qui prendiamo la metropolitana e, per rimanere in tema di Egitto, risaliamo in superficie alla fermata di Piramides. Il mio Cicerone vuole, infatti, portarmi in uno dei suoi posti preferiti il ristorante peruviano “Mis tradiciones”, dove mi convinco che effettivamente il Perù merita un viaggio.
Quando ci alziamo da tavola sono ormai le cinque, ma il sole non accenna ad abbassarsi. Per questo motivo, molti ragazzi giocano facendosi il bagno nelle fontane del parco del fiume Manzaneres. C’è l’allegria di chi si accontenta delle cose semplici: la maggior parte delle persone sono sudamericane.
Il boss poi mi porta in un luogo speciale: al Matadero, un posto eccezionale misconosciuto dai turisti, benché sia a poche centinaia di metri dal centro ( siamo davanti alla fermata di Leganes).
Ora qui non si uccidono più animali, ma c’è tanta vita: si fa musica, si fa arte e si sviluppano idee. Chiunque ne abbia una valida ha a disposizione una postazione e tutti gli strumenti utili per portarla a termine. Uguale uguale al paese dell’Expo di Milano, un paese che in cui ormai circolano solo tangenti e corruzione.
Chi mi accompagna dice che è una zona per perroflautas, cioè un ritrovo per persone abbastanza alternative.
Non dubito che la sera sia così.
El parque del retiro, invece, è per persone eleganti. Per me è la seconda cosa più bella di Madrid. E’ vero, qui il mare non è ancora arrivato, ma ci sono le barche che affollano il laghetto su cui fa da sfondo il monumento ad Alfonso XII. Andando verso la destra, c’è poi il famoso Palazzo di Cristallo.
Al suo interno però c’è una nuova sorpresa: un’ambientazione araba.
E sembra di essere di nuovo in maghreb.
Di nuovo in Egitto. O in Tunisia, Libia, Marocco, Algeria.
Paesi che la follia ideologica degli ultimi tempi ha reso particolarmente difficoltoso visitare.
Il parco del ritiro, comunque, è una scoperta continua che bisogna solo esplorare.
E’ più grande di quel che sembra allo stesso modo in cui Madrid è più bella di ciò che uno si immagina.
Epperò non c’è il tempo, né la voglia di entrare nel Prado, né al Reina Sofia, né al Thyssen.
Ci sono già stato in passato e non dubito che ci sarà un’altra occasione in futuro.
C’è, tuttavia, il tempo di andare alla stazione di Atocha a vedere le tartarughine ( sì, le tartarughine!) che nuotano con lentezza disarmante incuranti dei passeggeri che invece corrono dietro ad un pezzo di ferro che slitta su un binario.
Vediamo poi anche un giardino verticale che si sviluppa su un muro, attraversiamo piazza Cibeles con i suoi palazzi e ci dirigiamo alla Finca de Susanna, il ristorante in cui desideravo tornare da cinque anni.
Possibile che uno straniero consigli alla sua guida quasi-madrilena il ristorante in cui andare?
Sì, è possibile: l’arroz negro con sepia è rimasto eccezionale come ricordavo.
E’ tardi, ma la città è più animata che mai.
Del resto è sabato sera.
La puerta del Sol brulica di turisti così come la plaza Mayor, in cui la la mia guida – colpita nell’orgoglio – mi sciorina tutte le sue conoscenze e mi fa notare le pitture presenti all’esterno degli edifici, nonché il significato dei simboli disegnati a terra.
Mi spiega anche che i barbieri anticamente usavano i colori rosso, bianco e blu per far capire che si occupavano anche di…denti. Non era spiegato, tuttavia, come procedevano all’anestesia.
Le traverse della plaza Mayor portano tutte il nome dei mestieri lì esercitati in passato.
In calle cuchilleros ( via degli arrotini ) c’è però anche El Botin, il ristorante più antico del mondo ancora in esercizio con tre secoli di storia.
Anche il mercado de San Miguel, eccezionalmente aperto di sera, merita un giretto, soprattutto perché da lì arrivare alla piazza con il teatro dell’Opera e al palazzo reale è davvero un gioco da ragazzi.
Ora è l’una di notte e uno si immagina che il palazzo reale all’una di notte sia super-sorvegliato.
Invece è pieno di persone a passeggio e della polizia non c’è nemmeno l’ombra.
Madrid sa distinguersi anche sotto questo aspetto.
vorrei tanto tornarci, che nostalgia
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A Madrid sono stato due volte, ma non ho mai sentito parlare del Matadero. Deve essere un posto molto vivo per quello che hai fatto trasparire e per le ricerche che poi ho fatto. Grazie per questo spunto!
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Bellissimo racconto, quasi come un film. Madrid mi piace moltissimo
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