- La musica futurista di Rodolfo De Angelis
Benché le scuole italiane a tutt’oggi ci vietino di studiarlo, il futurismo è stato il più grande movimento culturale della storia d’Italia e il più innovativo sin dai tempi del rinascimento. Esso si espresse non solo nella letteratura, nella drammaturgia, nella pittura e nella scultura con lo scopo di rappresentare il movimento e di distruggere “le vecchie accademie” , ma anche nella cucina e nella musica.

Il futurismo, infatti, con la sua scanzo – impegnata irriverenza è riuscito a regalare, da una parte, il suono alla letteratura e alle arti figurative tradizionali, d’altra l’estetica alla cucina e la satira alla musica.
- Il futurismo e la cucina
Con riguardo alla cucina è nota la “guerra alla pastasciutta” ingaggiata in prima persona dallo stesso Marinetti che, sovvertendo ogni canone tradizionale e aprendo persino un ristorante a Milano – predicò nel suo “manifesto della cucina futurista” una nuova cucina ( recte: per gli esterofili una nouvelle cousine) in cui i piatti fossero armonici, originali, leggeri, privi di peso e colorati in radicale contrasto a quei prodotti tradizionali che producevano esclusivamente «fiacchezza e pessimismo».
Si iniziò dunque, per la prima volta nella storia, a parlare di estetica in cucina suggerendo accostamenti audaci di terra e di mare, l’abolizione di condimenti, coltello e della forchetta, nonché l’accompagnamento dei pasti a musiche, poesie e profumi.
E, invero, uno degli interpreti massimi di questa corrente di pensiero fu il cuoco futurista Jules Maincave, che si propose nelle intenzioni di «avvicinare elementi oggi separati da prevenzioni senza serio fondamento».
E così si inventò il piatto dolce- salato, il filetto di montone e salsa di gamberi, la banana e groviera, la noce di vitello e assenzio, nonché l’aringa con gelatina di fragola.
Il pasto perfetto, dunque, doveva ricercare sì la sperimentazione continua di nuovi sapori consistenti in «bocconi simultaneisti e cangianti», ma sempre nel rispetto di 10 regole ferree che potete leggere qu:i le 10 regole del pranzo perfetto
- La musica e il futurismo : i testi graffianti di Rodolfo De Angelis.
Con riguardo alla musica, invece, fu Francesco Balilla Pratella a fare una dichiarazione di pazzia scrivendo che “Tutti gli innovatori sono stati logicamente futuristi, in relazione ai loro tempi. Palestrina avrebbe giudicato pazzo Bach, e così Bach avrebbe giudicato Beethoven, e così Beethoven avrebbe giudicato Wagner. Rossini si vantava di aver finalmente capito la musica di Wagner leggendola a rovescio! Verdi, dopo un’audizione dell’ouverture del Tannhäuser, in una lettera a un suo amico chiamava Wagner matto. “Siamo dunque alla finestra di un manicomio glorioso […]” in cui “riconoscere nel verso libero l’unico mezzo per giungere ad un criterio di libertà poliritmica”.
Per dichiarazione d’intenti, dunque, l’obiettivo era quello di superare del tutto le vecchie litanie e le melodie tradizionali con componimenti che rompessero ogni schema.
I maggiori interpreti di questa nuova corrente musicale furono – oltre a Francesco Balilla Pratella e a Luigi Carlo Filippo Russolo – entrambi napoletani e lavorarono a lungo assieme. Si tratta di Francesco Cangiullo e di Rodolfo di Angelis.
Rodolfo De Angelis, in particolare, lo fece portando, per la prima volta nella storia della musica, la satira sociale sottilmente graffiante, l’irriverenza canzonatoria verso una certa condotta, il nonsense demenziale con giochi di parole e l’imitazione del suono di una tromba con la bocca, il tema politico e anche la vis polemica verso alcuni malcostumi propri degli italiani ( la raccomandazione, il conformismo, la convenienza, la connivenza, la venalità, le baronie, certi atteggiamenti poco limpidi, etc).
Rodolfo de Angelis, dunque, fu un artista a tutto tondo in grado di coinvolgere il pubblico nel corso delle sue rappresentazioni, nonché di creare un nuovo modo di fare musica. Con Cangiullo e Marinetti preparò il “Manifesto del Teatro della Sorpresa” e poi, in seguito, il “Nuovo Teatro Futurista” per poi dedicarsi quasi esclusivamente ad esibizioni individuali al pianoforte con canzoni di sua composizione.
- Rodolfo De Angelis, canzone umoristica o canzone futurista ?
Vediamole però in concreto queste canzoni. Una delle più belle per me è sicuramente “Bravo, ma come parla bene!” in cui ironizza su una figura con cui ciascuno di noi si è sempre imbattuto almeno una volta nella vita: il tuttologo che parla a vanvera senza capire mai nulla.
Nella stessa Rodolfo De Angelis prima canzona un tuttologo generico, poi lo imita in prima persona sostituendola la erre con la v nobile.
E’ una canzone da tenere sempre a mente, ad esempio quando capita di sentire Teresa Bellanova dissertare con la sua terza media della diffusione del corona virus mentre il professor Burioni le risponde: “hai parlato abbastanza”.
Altra canzone molto divertente è poi “Le presento e raccomando” in cui si ironizza sul vizietto degli italiani di amare il meccanismo delle raccomandazioni. Il testo,infatti, è tutto incentrato sulla famosa “lettera” di cui si è sempre alla ricerca per ottenere un posto al sole:
” Nella vita senza un santo protettore, che ti fa qualche favor,
è difficile arrivar! Il mio santo l’ho trovato nello zio di mio cognato:
egli è un membro altolocato
e mi può raccomandar.
Ho qui una lettera di raccomandazione.
Fate attenzione che ve la leggerò:
“Le presento e raccomando
Il mio amico Ferdinando
Lo riceva, lo accontenti,
molto grato le sarò!”
Con questa lettera di raccomandazione
La posizione di certo cambierò”.
Ancor più è polemica è “Che ridere!” del 1934 in cui Rodolfo De Angelis si sbellica letteralmente dalle risate descrivendo l’inaffidabilità di chi fa promesse, la doppia faccia di chi è complimentoso per pura convenienza, nonché l’ipocrisia di quella politica buona solo a rassicurare con le parole.
Qui la musica è di mero accompagnamento ad un testo di un’attualità sconvolgente, ma che si riallaccia a quella “canzone umoristica” propria dei primi anni del ‘900.
Nello stesso spirito è poi ” E se non fosse vero” in cui il tema rimane la venalità per il danaro e l’attaccamento alle cose materiali degli italiani. In che ma “Quando c’è la salute” invece ricorre alla frase fatta invitando, non si sa volutamente se per davvero o per sfottò, a ignorare qualsiasi problema perché “quando c’è la salute…tutto il resto non conta”.
- Brasile, Cina, mondo arabo: uno, nessuno e centomila. Il futurismo ritmico di Rodolfo De Angelis
In carioca si diverte a prendere in giro, con ritmi brasiliani, la “danza dell’oca” tipica di una Germania che a lui non piace e che aveva già fatto capire di non amare nella surreale “ Canzone tirolese”, dove gioca con tutti gli stereotipi di un fantomatico turista crucco che addirittura incrocia “crand poet Marinetti che mangiava maccaroni” ( se ricordate quello che ho scritto in principio sulla cucina futurista, capirete l’irriverenza: Marinetti all’epoca destò scandalo quando fu beccato per davvero a manCiare di nascosto spaghetti). Eppoi c’è “Annunci economici“, in cui legge annunci di giornale da ridere
Spesso associa al pianoforte suoni con la bocca come il suo celebre “pereperepè” che gli consente di essere irriverente, ma anche – con la leggera variazione in “Parapapà” – di viaggiare in medio-oriente e nel mondo arabo.
Con “Liulai” è poi in Cina, mentre con delle percussioni diventa “Il venditore di nastrini“.
Rodolfo De Angelis, insomma, è un Rino Gaetano ante litteram che si permette il lusso di cambiare ritmo ad ogni canzone e di farsi beffa di qualsiasi bersaglio con eleganza e musicalità come avviene in “C’è troppa concorrenza“, “E se non fosse vero ? e “Lo sport delle parole“.
Più leggere sono, invece, canzonette dalle rime baciate e dai ritmi antistreess come “Bubu baba bebe”, “Dai dai”, “Canzone dell’Orticello”, “Ho perduto la cagnetta, “Vecchi carillons” “Finestra chiusa”, “Alla fiera di Milano”, “Primavera paesana” “In cima al monte” , “Berenece fa la cantautrice”, “Fanciullo dormi”, “La vita sei tu”, “Per fare una canzone”, “Come sei celebre”, “Una bella società”, “Strofette panoramiche”, “L’ho sposata ma…sarà lei?”, “La colpa è della banca”, “Di sera dove andare”, “Schiocca la frusta e va”, “Pesci e frutti di mare”, “Ho rubato un motivo”, “Ho trovato sciangai, “il colore che vuoi tu” in cui si ironizza sulla civetteria di chi cambia colore dei capelli e la simpaticissima Tinghe Tinghe Tanghe, la canzone “che ci manc e non stanc”.
In realtà però le canzoni più celebri di Rodolfo De Angelis sono a tema sociale e politico. Tra queste in particolare “Ma cos’è questa crisi” , “Sanzionami questo” e “Il mondo che fa?”, “Va fuori d’Italia”, “Serenatone” alla perfida Albione e Il mondo che fa?
Nella prima si ironizza sulla tendenza di un certo mondo dello spettacolo che si lamenta sempre per la mancanza di disponibilità economica. Le altre, invece, sono inni per le ingerenze politiche di stati stranieri in particolare dell’Inghilterra e degli USA, nei confronti dell’Italia, inni che oggigiorno verrebbe voglia di cantare contro Macron e la Merkel utilizzando per loro gli stereotipi che adottano per noi.
In realtà Rodolfo De Angelis dalla critica – e questo ne spiega l’ignobile damnatio memoriae cui è stato condannato da uno stato che non sa misurare il valore artistico con distacco – è ricordato soprattutto per alcune canzoni in cui ha elogiato Mussolini e la politica del fascismo.
Come è nel caso di “O Duce d’Italia” e “Una volta non c’era Mussolini“. Il testo di quest’ultima recita così: “Una volta il Parlamento discuteva di sovente ma non concludeva niente! Solamente era dovere del compagno battagliero, far cadere il Ministero Una volta… non c’era Mussolini: “La parola all’onorevole… Basta… Dimissioni… Farabutti… Mascalzoni… abbasso il Ministero… La seduta è sciolta [….]”
Non è, del resto, nelle canzoni a tema politico – come è anche “Canzone del bol…scemismo” – che Rodolfo De Angelis dà prova di tutta la sua genialità. Anzi, nelle stesse perde in parte l’irriverenza che gli è propria e gli consente di spaziare su ogni argomento con stravaganza. Tra l’altro in alcune occasioni Rodolfo De Angelis, da artista non inquadrato qual era, entrò pure in contrasto con certe iniziative del fascismo e con l’autarchia musicale di cui pure gli fu uno dei massimi interpreti pur amando, ogni tanto, cimentarsi con proibitissime parole anglofone.
Come quando – con tono malinconico e ritmo jazzistico – scrisse “Addio canzoni americane” per salutare “ollivùd” e “quelle canzoni negre e hawaiane”. Ciò nonostante, a differenza di tanti altri artisti e intellettuali, fu anticonformista fino alla fine e non rinnegò mai il fascismo a fascismo finito. A Rodolfo De Angelis, peraltro, si deve la nascita della discoteca di stato.
Di lui, per il resto, si sa pochissimo.
Nel 1940 smise di scrivere canzoni umoristiche per dedicarsi alla pittura e lasciarsi alla spalle le sue esibizioni ai Caffè-concerto, ma fu meno geniale rispetto al teatro e alla musica.

Anzi, benché cercasse di rappresentare “ritratti e paesaggi mutevoli“, fu essenzialmente meno futurista per il semplice fatto che il futurismo non dovrebbe rappresentare paesaggi e ritratti. Né può rappresentare Pulcinella e Arlecchino!
E’ morto – quasi dimenticato – nel 1965 a Milano.
P.S. Un florilegio dei suoi quadri lo potete ammirare qui: quadri di Rodolfo De Angelis Invece un articolo musicalmente più competente del mio lo trovate in Ma cos’è questo De Angelis ?
Oltre ai dischi “storici” ho trovato questa edizione promozionale del 1990, davvero una chicca:
https://www.discogs.com/Rodolfo-De-Angelis-Ma-Cos%C3%A8-Questa-Crisi/release/13455222
Grazie per la segnalazione di questo artista.
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Non conoscevo assolutamente questa corrente musicale.
Come corrente di pensiero ovviamente sì, specialmente legata all’arte pittorica, riguardo la musica potrei averla studiata a scuola, ma non ne ho memoria.
Bello ascoltare questi brani, che dopo tanti anni contengono un messaggio ancora attuale.
D’altronde era musica “futurista”, per cui oggi il suo messaggio deve essere per forza ancora valido.
🙂
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Grazie a te per avermi letto, è un piacere che tu mi segua con tanta attenzione. Il futurismo non è mai stato analizzato come merita e in tutti i campi in cui si è cimentato. Pensa che in rete non vi alcun articolo che parla esplicitamente di musica futurista in riferimento a R. De Angelis, per cui ammetto che è una mia “analisi” frutto dell’interesse che coltivo per questo autore e per il futurismo tutto. “Cos’è questa crisi?” è stato il suo più grande successo!
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