Il Darién è la regione più meridionale di Panama e di tutto il centro America, atteso che segna il confine naturale con l’America del Sud e, in particolare, con la Colombia.
Trattasi di una regione selvatica abitata principalmente dalla tribù indigena dei kuna e non raggiungibile via terra.
Qui, infatti, la panamericana si interrompe improvvisamente, vinta dalla forza indomabile della selva.
E’ anche per questo che nei decenni passati i suoi abitanti, che parlano la lingua kuna e riservano lo spagnolo alle elites culturali, hanno tentato di costituire il proprio autonomo stato.
Ciò nonostante, soprattutto negli ultimi anni, il turismo ha saputo farsi largo attraendo chi cerca uno spicchio di avventura in un mondo troppo connesso su internet.
Giorno 1
Una volta atterrato sulla ruvida pista di Sambu, vengo fatto salire sul retro di un autocarro scoperto assieme ad un’altra quindicina di persone.
Assieme raggiungiamo il piccolo villaggio de la Chunga, in cui gli indigeni allestiscono un mercatino di artigianato e si esibiscono in balletti e musiche tradizionali.
Tutto poco spontaneo, ma estremamente divertente.
Tra gli indigeni ballerini – tracagnotti e scuri di carnagione – ce n’è uno più massiccio con le lentiggini e le basette rosse con lo stesso senso del ritmo di una balena spiaggiata.
In giro si dice che sia il discendente di uno dei pochi superstiti della spedizione scozzese che nel XVII sec. tentò tragicamente di installarsi in questa regione.
Nel 1698 infatti 5 navi con a bordo 1200 persone circa sbarcarono sulle rive di questa regione ribattezzandola Nuova Caledonia.
Ciò nonostante la colonizzazione durò ben poco.
Pochi mesi dopo l’afa soffocante aveva decimato i coloni e indotto i superstiti a far ritorno in Scozia.
Qualche segno di questa spedizione sembra, tuttavia, essere evidentemente rimasto.
Giorno 2
Dopo aver aver riposato, fatto conoscenza del capo spedizione e aver sistemato l’attrezzatura, si parte per il cuore della selva.
L’apripista del nostro gruppo – costituito da altre 7 persone – impugna un machete e si muove con passo cauto, ma sicuro.
Io mi limito a seguirlo con molte più incertezze.
C’è una umidità pazzesca, piove e ho il maledetto timore che un serpente possa spuntare ovunque.
Ho una vera e propria fobia per i serpenti, ma ciò comunque non mi impedisce di andare avanti e rimanere estasiato davanti ad alberi alti più di 20 metri.
Camminiamo per sei ore, poi prendiamo una barca di legno da fiume con la chiatta piatta, arriviamo all’accampamento e ci fermiamo.
La stanchezza, d’altra parte, c’è.
Giorno 3
L’indomani ci svegliamo all’alba salendo su un altopiano da cui si vedono volare le aquile. Sono maestose e indomite come è difficile immaginare.
Eppure l’incontro della giornata è costituito da altro:
un giaguaro acquattato tra gli arbusti.
In un attimo siam tutti sbiancati, tranne Juanjo – il capogruppo – pronto ad usare il machete.
Fortunatamente non ce n’è stato bisogno: il gattino non aveva voglia di litigare e si è allontanato di sua volontà rapido come un fulmine.
Solo le scimmiette che ho visto saltare sugli alberi mi hanno fatto tornare il sorriso.
Giorno 4
Camminiamo per 4 ore fino ad una grandissima cascata, poi ci rifocilliamo a dovere.
La selva regala sempre esperienze magnifiche.
Quando ci incamminiamo per tornare a Chunga mi rammarico non poco.Mi sarebbe piaciuto vivere di più la selva, ma è già arrivato il momento di tornare nella civiltà
bell’ articolo, non sapevo…grazie!
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Grazie
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Il ballo delle tracagnotte penso sia stato divertente.
Domanda: ma la Nuova Caledonia non è da tutt’altra parte?
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Quella che conosciamo oggi su trova in Oceania, ma prima ci fu un.tentativo.ben piu’ temerario da parte di scozzesi non molto fantasiosi coi.nomi.
Se vuoi saperne di piu’,leggi qui:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Schema_di_Darién
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Ho letto, molto interessante. Non conoscevo il tentativo scozzese di insediamento a Panamà, bell’errore di valutazione dagli effetti devastanti.
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Eh si. A me e’ una storia che ha molto impressionato e che, tutto sommato, ha avuto effetti tragicomici
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