Viaggio nella Sicilia orientale

Lo confesso: io ho sempre avuto un pessimo rapporto con le isole.

Persino Capri e l’arcipelago de Li Galli, i cui profili ho la fortuna di poter intravedere quasi ogni giorno,  per me costituiscono una scoperta recente.

Sennonché il 2014 ha fatto eccezione e di isole ne ho conosciute di stupende come quella di Wight in Inghilterra del Sud e le Cies nella Spagna settentrionale.

Era, tuttavia, doveroso colmare al più presto la mia più grossa lacuna e andare a visitare la più grande isola attaccata al continente: la Sicilia.

Invero un po’ me ne vergogno a scriverlo così, ma io – che mi vanto di conoscere il Sud come pochi – finora non sono mai riuscito a visitare la più meridionale tra le Due Sicilie anche perché, ogni volta che l’ho proposta  come meta di viaggio estiva, mi è sempre stato risposto che  laggiù al Sud fa troppo caldo.

Orbene, per superare questa eccezione di mero rito, è stato quindi necessario reiterare la proposta nel pieno del periodo autunnale, quando ormai nel continente si iniziano a rispolverare i vestiti pesanti e tutti i coyote isolani hanno trovato un’ombra mettendo il muso fuori dalla tana.

Ciò premesso – chiarito quanto volli, fortissimamente volli andare nella terra dei principe di Salina – trovo altrettanto doveroso chiarite perché ci sono voluto andare.
Sul punto –  sarà quasi superfluo riportarlo – devo rivelare che, prima di partire, volevo andare alla scoperta di quella cosa cui la Sicilia, suo malgrado, viene sempre accostata in ogni dove anche a sproposito. Sicuramente chi leggerà  avrà già capito a cosa mi riferisco: io sono andato in Sicilia quasi esclusivamente per mangiare le arancine e per capire perché vengono aristocraticamente declinate al femminile.

Non solo: la Sicilia ha molto altro da offrire come, ad esempio, la pasta con le sarde,  la pasta alla norma, la ricotta, la minestra con i tenerumi, gli spaghetti alla bottarga di tonno, gli spaghetti ai ricci, gli spaghetti alla siracusana, la pasta fritta, i gelati, la pasta con le mandorle, la grattachecca, i cannoli, le cassate, etc etc.

Ah sì, poi c’è anche qualche anticaglia che prova che lì la civiltà è arrivata qualche millennio prima rispetto alla padanìa, ma questo è un aspetto secondario.

Infine, volevo andare a visitare anche la famosa mafia, ma la ricerca non è andata a buon fine. Ho chiesto anche in giro, ma nessuno mi ha saputo indicare dove fosse. Né – francamente – sono riuscito a scorgerla: non era al museo archeologico, non era al mare, non era sull’Etna, non era in pasticceria, non era al ristorante, non era in albergo, non era in strada. Insomma, dove sta questa fantomatica mafia? Pare – dico pare – che si sia trasferita in padanìa per l’Expo e – a differenza della finzione cinematografica – non utilizzi accenti isolani, ma solo espressioni come “ togo”, “mi consenta”, “Enrico stai sereno.” Conseguentemente chi voglia visitare la mafia deve andare in Milano e chiedere non del padrino, ma di un certo cummenda 

Va be’,  scaccio ogni pensiero sul punto e lo rivolgo subito a quei paesi semi-abbandonati  che tornano vivere solo quando c‘è un ponte qualsiasi – salvo quello di Messina che non c’è e non ci sarà mai –   e migliaia di giovani tornano in ferie dal norde.

Se ci penso è avvilente e, per questo motivo, torno a scacciare a più non posso.
Invero, per la mia prima volta, mi sarebbe piaciuto entrare in Sicilia presentandomi a Scilla e Cariddi, ma per ora non ho attraversato  alcuno stretto:

mi sono, infatti, avvalso di un comodissimo aereo Napoli-Catania che è atterrato proprio mentre al San Paolo iniziava il big match tra il Napoli e la Roma. Non ho visto granché, almeno non abbastanza, quindi mi guardo bene dal dispensare consigli sia sulla partita che sulla Sicilia.

In fondo il mio è stato solo un miserrimo assaggio che spero di approfondire presto con un pasto completo.

Ovviamente scacciando ogni pensiero.

In lista:

– Catania

– Etna

– Siracusa

– Acireale

– Acicastello

– Acitrezza

– Modica

– Taormina

– Ragusa

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