Primo: fare la colazione.
Secondo: prendere atto che l’itinerario iniziale, itinerario semplice e razionale, è stato del tutto stravolto e anche questo viaggio si trasformerà presto in un tour de force in cui dormirò molto poco.
Terzo: prendersela comunque comoda senza contraddire il punto precedente.
La dotta Salamanca va, infatti, inderogabilmente visitata senza affanni.
Tanto è vero che, quando esco dall’ostello, sono già quasi le 11 e inizio la mia giornata a zonzo senza alcuna meta in particolare.
E’, quindi, in via del tutto casuale che, dopo un giro per il mercado central, approdo davanti alla casa de las Conchas (id est: delle conchiglie), dove sono rappresentate 365 conchiglie, una per ogni giorno dell’anno, perché il proprietario, Don Rodrigo Arias, era cancelliere proprio dell’Ordine di Santiago. L’edificio, oltre ad essere molto originale, si caratterizza per il meraviglioso patio che dà accesso alla biblioteca pubblica.
Proseguo, quindi, verso le due Cattedrali, la Vecchia e la Nuova che, sebbene formalmente distinte, costituiscono di fatto un unico edificio.
Qui la mia visita dura più di un’ora per due motivi: in primis, perché le due Chiese – stupende quanto diverse – sono davvero ricchissime di tesori; in secondo luogo perché è ufficiale che il cammino di Santiago mi continuerà a perseguitare per tutto il viaggio.
Nel museo diocesano, infatti, c’è una statua del patrono di Spagna davanti al quale non posso fare a meno di soffermarmi, mentre il chiostro ospita proprio la tomba di Don Rogrigo Arias con un ambiente che ricostruisce quello del Santo Sepolcro.
Più in particolare, quando entro in quel perimetro, una guida, peraltro in italiano, sta elencando tutti gli avamposti templari lungo il cammino francese e io, siccome non mi posso mai fare gli affaracci miei, intervengo completando la lista e ricavandone un “bravo” assieme alle occhiate degli altri turisti che mi guardano come se fossi chissà quale grande esperto.
Ad ogni modo – dicevo – le due Chiese sono entrambe straordinarie per rifiniture, affreschi, stili e imponenza architettonica.
Successivamente mi dirigo verso il ponte romano e la Chiesa di Santiago, fruendo di una delle viste più belle sulla città e percorrendo la cinta esterna del centro storico.
E’, pertanto, il meraviglioso convento di San Esteban a interrompere la mia passeggiata e ad attirare la mia attenzione. Il chiostro all’ingresso, infatti, non anticipa degnamente la magnificenza di un complesso che raggiunge il suo climax in una Chiesa davvero straordinaria. Una scala in marmo, infine, permette di raggiungere il piano superiore e di entrare a far parte del coro.
Sennonché, nel ritornare verso il centro storico, un nuovo episodio mi fa capire che proprio non è cosa:
mentre sto mangiando una empanada proprio di fronte alla casa de Las Conchas, un’altra guida ne illustra il significato ad un gruppo di giapponese. Poi, all’improvviso, il suddetto gruppo di giapponesi si gira verso di me e inizia a fare foto: senza volerlo avevo messo il piedi al lato della conchiglia stilizzata che indica il cammino.
E’ il quarto episodio del genere nella stessa giornata: sono io il fissato o è proprio che il cammino di Santiago mi sta chiamando in continuazione?
Intanto si è fatto tardi, imbocco la calle de los libreros e faccio subito il biglietto per entrare nell’università pubblica, dove visito velocemente alcune aule e la bellissima biblioteca.
Dopodiché entro nel patio della escuola menor e mi dirigo nel quartiere che ospita il palazzo De Fonseca.
Qui è in corso una festa molto formale e io, essendo il più trasandato, non posso non attirare gli sguardi più sorpresi.
Sono, ormai, le 19 e già so che non mi farebbero entrare a visitare l’università pontificia.
Per questo faccio lo gnorri e provo ad entrare nella parte moderna dove passano decine di studenti.
Un portone interno, poi, mi dà la possibilità di accedere che più mi interessa, ma non faccio in tempo a cantar vittoria che una voce alle spalle mi raggiunge e mi intima: “posso aiutarti”?
E’ finita: due minuti dopo, sono già di nuovo all’esterno senza risultato alcuno.
Deluso e ad amareggiato, vado infine a visitare il palazzo de Salina e la prospiciente torre.
Al suo interno è stata allestita una mostra d’arte moderna, ma le tele sono tutt’altro che interessanti.
Attraverso quindi la plaza Mayor, vero simbolo e cuore pulsante della città, e me ne torno in ostello.
Anche Karola è appena tornata e così assieme ce ne andiamo prima a mangiare qualche tapas nella calle compania, poi a prendere una birra nel “bar erasmus” che di erasmus però non ne ha.
La plaza Mayor, rectius piazza polmonite, di sera cambia fisionomia e illuminata quasi fa dimenticare gli spifferi che produce, ma non riesco proprio ad immaginare come sia in inverno.
Intanto la città nei dintorni della Gran Via inizia sempre di più ad animarsi con tantissimi localini che pompano musica a palla.
Io però non ci sono più abituato: alle 2 di notte sono già di nuovo in ostello.
Bella, vivace, sorprendente. Mi sarebbe piaciuto viverla per qualche giorno in più, soprattutto nel weekend. Mi spiace non essere riuscito a vederla tutta, in particolare il mio rammarico è nella università pontificia, oltreché nella Casa di Liz, un museo di arte liberty.
[…] Qui il racconto con l’illustrazione di cosa fare e cosa vedere a Salamanca in due giorni […]
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