Come Napoleone a Sant’Elena

  • L’esilio al tempo del Covid 19

Chissà cosa avrà pensato lui, Napoleone, una volta esiliato sull’isola di Sant’Elena.

Era stato l’uomo più  potente del mondo e probabilmente il più geniale della sua epoca, eppure ha finito per trascorrere gli ultimi anni della sua vita su uno sputo di terra in mezzo al nulla, praticamente a metà tra l’Africa e il continente americano a 1026 miglia dalla costa dell’Angola.

Condannato dunque ad essere innocuo!

Per lui è stata la peggiore condanna che si potesse immaginare, peggio della tortura e della prigione più ostile.

Se infatti, nel corso del primo esilio all’isola dell’Elba, non si era perso d’animo e aveva trasformato l’isola in un laboratorio culturale e sociale internazionale, dilettandosi peraltro ad intercettare – tramite un ingegnoso sistema di telegrafi ottici – le comunicazioni del nuovo governo francese, sull’isola di Sant’Elena non poté nemmeno pensare di ordire un piano per rilanciarsi.

E, invero, dopo la fuga dall’Elba, Napoleone riuscì a riprendersi il “suo” vivendo gli ultimi 100 giorni epici della sua vita.  Tanto è vero che, non appena sbarcò  dall’Elba in costa azzurra, i  generali dell’esercito francese non lo contrastarono e, anzi, si unirono a lui acclamandolo, mentre il nuovo re –  Luigi XVIII  . se la diede letteralmente a gambe levate capendo la mala parata. Fu il segno più tangibile dell’indomabilità di Napoleone, ma durò poco, fino a Waterloo e solo perché lui – per salvare  la sua reputazione – rifiutò di fuggire negli Stati Uniti con indosso l’uniforme dell’esercito  prussiano.

All’isola di Sant’Elena, dunque,  non poté più pensare  ad una nuova “evasione”  epica.

No, semplicemente non poté.

Poteva girare liberamente sull’isola, aveva un seguito personale, mantenne formalmente il suo rango,  ma semplicemente non poté fare altro se non passeggiare e riflettere mentre una fregata inglese lo controllava al largo.

Da un’isola, lui – che pure era nato su un’altra isola – fu costretto a fare il bilancio della sua storia pensando così ai successi e alla sua  genialità militare, ma anche agli errori commessi, ai tradimenti dei suoi fedelissimi, al modo in cui aveva governato, alla sua vita.

Lui, che aveva conquistato il mondo,  fu pertanto condannato a sopravvivere senza poter guardare mai altro lembo di terra o orizzonte.

Fu crudeltà pura, ma anche il segno più tangibile della deferenza estrema guadagnata da un uomo che, da solo, era stato in grado di prendersi e riprendersi ripetutamente tutto ciò che voleva.

Napoleone Buonaparte, per la verità, fu francese per sbaglio – come è francese per sbaglio è la Corsica – ma ebbe l’opportunità di esserlo fino in fondo capendo di dover francesizzare in primo luogo il suo cognome elidendo la “U”. Da italiano Napoleone sicuramente non sarebbe stato Napoleone esattamente come tanti altri grandi della storia di origini italiane che in Italia si sarebbero visti negare ogni opportunità.

Del resto è dai tempi dell’impero romano che nella penisola italica non si avvistano grandi condottieri se si esclude qualche Ettore Fieramosca e qualche mezzo crucco alla Federico II  di Svevia di passaggio.

E, invero, se Cristoforo Colombo non se ne fosse andato prima in Portogallo e poi Spagna, probabilmente staremmo ancora cercando le Americhe.

Napoleone, dunque, è stato strategico anche nella scelta della propria nazionalità.

Eppure alla fine anche lui – che in pochi anni aveva “piazzato”   famiglia e amici a governare i regni di mezza Europa –dovette capitolare.

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All’isola di Sant’Elena visse 5 anni.

Morì infatti nel 1821, era il 5 maggio.

L’esilio che stiamo vivendo noi al tempo del covid19 è, invece, più simile a quella di Napoleone all’isola dl’Elba.

Dai nostri balconi possiamo già intravedere la terra ferma e pensare che un giorno potremo rimetterci piede conquistando un nuovo orizzonte. Possiamo, altresì, intercettare il nostro nemico osservandone le mosse al telegiornale e possiamo riflettere su come agire per rimetterci in carreggiata.

Abbiamo cioè, davanti ai nostri occhi, ancora la prospettiva di un futuro che non può ( e non dovrebbe) essere mortificato da un balletto o un canto isterico davanti al balcone in diretta social: davanti al dramma di vite spezzate, l’unica cosa da fare è pensare a cos’è la vita e ad investire su di essa ogni singola risorsa.

Per farlo però serve una strategia, una strategia alla Napoleone per vivere gli ultimi 100 giorni da leone.

Serve, a dire il vero, anche la velocità di esecuzione.

Sì, la velocità di esecuzione è parimenti essenziale.

Per cui cerchiamo di capire come impostare il solfeggio:

1. Lettura delle note;

2. Ritmo;

3. Azione.

 

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5 commenti

  1. Che poi Napoleone venne davvero preso in giro.
    Accettò la prigionia a patto fosse in terra inglese, e loro lo spedirono a Sant’Elena, formalmente inglese, ma non propriamente inglese al 100%,
    Una bella presa in giro.

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