Non ricordo il suo nome né per quale motivo iniziammo a parlare del più e del meno. Non ricordo il nome del centro commerciale in cui mi disse di aver trovato lavoro, del quartiere in cui abita e nemmeno della linea della metropolitana sulla quale stavamo viaggiando. Mi ricordo però tutta la rabbia che provava per l’Italia e per uno stato che l’ha costretta a preferire l’odore di fritto nelle mani. Ricordo anche la stanchezza nei suoi occhi alla fine di una giornata di duro lavoro e la sua voglia di arrivare a casa al più presto:
– “Resterai a Londra per sempre?”
– “Spero di sì, a Roma di sicuro non voglio tornarci”.
Non era felice quando mi ha risposto così, anche perché la malinconia aveva preso il sopravvento sull’entusiasmo che dovrebbe caratterizzare chi si è trasferito da poco in una nuova città.
Forse sarà dipeso dal fatto che non sarebbe potuta tornare dalla sua famiglia nemmeno per le feste e che sarebbe rimasta completamente sola. Non lo so se sarà dipeso da questo. So veramente poco se non quello che mi raccontò.
Certo è che, nel salutarmi quando le porte della sua fermata si sono aperte, ci tenne a dirmi che il giorno di Pasqua avrei dovuto mangiare qualcosa anche per lei.