CAPITOLO 2 – PERU0
Mentre siamo in coda sulla banchina per imbarcarci, dall’altro lato il piccolo porto di Paracas è più operativo che mai. I pescatori sono appena tornati da una lunga nottata di lavoro e ora stanno scaricando tutti i risultati ottenuti.
E, invero, fare il pescatore in Perù deve dare parecchie soddisfazioni, visto che un decimo del pescato mondiale è prodotto qui. Anche i pellicani devono esserne a conoscenza e, infatti, sono tutti ad elemosinare qualche rimasuglio di pesce che sicuramente verrà gettato in mare.
Intanto, grazie alla luce del sole, posso finalmente dare una spiegazione a quella che, fino a poche ore fa, ritenevo una allucinazione: a sbucare dall’acqua a pochi metri dalla spiaggia sono, infatti, dei simpaticissimi leoni marini che, paonazzi, si divertono a fare le capriole in acqua entusiasmando i turisti.
Le isole Ballestas sono una delle riserve naturali più belle del mondo e sono comunamente note come le “piccole Galapagos”. Oltre ai leoni marini spaparanzati sulla roccia, ci sono anche diversi pinguini e tanti, tanti, tanti cormorani che producono guano in quantità industriale (non a caso, temiamo che, da un momento all’altro, qualcuno di loro ci lasci uno spiacevole ricordino…).
Lungo la costa, inoltre, è possibile vedere il cosiddetto “candelabro“, un geoglifo enorme che ha dato avvio a svariati misteri al pari delle linee di nasca. Si tratta di una figura di 180 metri con solchi di almeno sessanta centimetri che, secondo gli studi più affidabili, risalirebbe al 200 sec. A.C. Perché è stata disegnata? Era un simbolo divino, un sismografo o serviva per orientare i marinai che si avvicinavano alla terra ferma? Nessuno lo sa in realtà e, per questo motivo, ogni tanto affiora una nuova teoria.
Il vento la fa da padrone e del resto lo stesso nome Paracas in quecha significa “tempesta di sabbia”, segno che vivere qui non è mai stato facile. Infatti, quando in determinate stagioni il deserto si scatena, è meglio non farsi sorprendere in strada.
Ciò premesso, dopo la breve gita in barca, saliamo su un piccolo furgoncino per addentrarci nel pieno del deserto di Paracas e conoscere la parte più consistente dei 335 000 ettari della riserva. Questo deserto rappresenta, di fatto, la continuazione del deserto di Atacama in Cile, ma – a differenza di quest’ultimo – ha una varietà di fauna e di flora ricchissima.
Senza retorica alcuna per me è uno dei luoghi più affascinanti che abbia mai visto, un posto che mi rimarrà sempre nel cuore. La spiaggia rossa, quella di Yumaque e quelladi Supay hanno dei colori magnifici, quasi marziani, e si intonano incredibilmente con quelli dei fenicotteri che danzano sull’acqua.
E così, felicissimi per aver battezzato il nostro viaggio con tanta bellezza, ce ne torniamo nel centro di Paracas per recuperare i nostri zaini e proseguire verso l’oasi di Huacachina.
Il trasferimento non è, tuttavia, molto agevole. Prima dobbiamo prendere due colectivos fino a Pisco, poi un autobus vero e proprio fino ad Ica e, infine, un taxi per la suindicata oasi.
Mentre siamo in attesa sulla carreggiata, passa pure Ronaldo che sfotticchia Lalli salutandola con “espanaa”. Sta ancora rosicando per non aver concluso il suo affare!
Eppure ora il punto è un altro: perché numerose macchine con a bordo solo il conducente si fermano davanti a noi sostenendo di essere un colectivo e proponendoci di salire a bordo per andare a Pisco. Come lo sanno che dobbiamo andare a Pisco? E, soprattutto, come mai ci hanno preso per degli sciocchini che salgono sulla prima macchina offerente?
Noi non ci fidiamo e aspettiamo un colectivo vero: prevenire è meglio che curare.
Ciò fermo restando, dopo essere saliti sul colectivo, sono io ad essere accusato dal conducente di aver fatto qualcosa di male: pare, infatti, che gli abbia dato cinque soles falsi.
Ciò nonostante io non ne sono tanto convinto: come si fa a falsificare una moneta metallica in serie?
E, invero, quando propongo al mio creditore di andare a cambiare i cinque soles altrove, questi fa subito retromarcia e incassa il dovuto. Che avrà voluto fare?
Pisco, per il resto, sarà pure stata colpita dal terremoto una decina di anni fa, ma il suo squallore prescinde da qualsiasi calamità naturale (peraltro ormai…prescritta). L’abbandoniamo quindi con sommo piacere prendendo subito un terzo autobus che in circa tre ore giungerà a Ica.
Quest’ultima, se è possibile, è una città ancora più squallida, degradata e caotica di Pisco.
Per questo motivo, quando Lalli sale sul taxi e quest’ultimo parte a razzo senza aspettare che ci sia anche io, penso subito al peggio e inizio a correre con lo sportello del taxi ancora aperto.
Ma fortunatamente ho torto marcio: il tassista mi fa subito salire spiegando che voleva solo evitare di intralciare il traffico.
Meno male!
Paesaggi spettacolari
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While we are in the queue on the dock to board the boat, on the other hand, the small port of Paracas is more operational than ever. The fishermen have just returned from a long night of work and now are downloading all the results obtained.
And, indeed, to be a fisherman in Peru has to give a lot of satisfaction, given that one-tenth of the world catch is produced here. Even the pelicans need to be aware and, in fact, are all begging some leftover fish that will definitely thrown into the sea.
Meanwhile, thanks to the sunlight, I can finally give an explanation to that which, until a few hours ago, I thought a hallucination: to emerge from the water a few meters from the beach are, in fact, the likeable sea lions, red-faced, you enjoy doing somersaults in the water thrilling tourists.
The Ballestas Islands are one of the most beautiful nature reserves in the world and are comunamente known as the “little Galapagos”. Besides the sea lions sprawled on the rock, there are also several penguins and many, many, many cormorants that produce guano in industrial quantities (in fact, we fear that, at any moment, any of them let us remember an unpleasant … ).
Along the coast, also, you can see the “candlestick”, a huge geoglyph which has initiated several mysteries like the lines arises. It is a figure of 180 meters with grooves of at least sixty centimeters, according to studies more reliable, it dates back to 200 sec. A.C. Because it was designed? It was a divine symbol, a seismograph or served to guide mariners approaching the mainland? No one actually knows and, for this reason, every now emerges a new theory.
The wind is the master and the rest of the same name in Quechua Paracas means “dust storm”, a sign that life here has never been easier. In fact, in certain seasons when the desert is unleashed, it is best not to be caught in the street.
Accordingly, after the short boat trip, we go up on a small van to delve into the full desert of Paracas and know the bulk of the 335,000 hectares of the reserve. This desert is, in fact, the continuation of the Atacama Desert in Chile, but – unlike the latter – have a variety of fauna and flora rich.
Without any rhetoric to me it is one of the most fascinating places I’ve ever seen, a place that I will always remain in the heart. Red Beach, one of Yumaque and quelladi Supay are color magnificent, almost Martian, and are matched with those incredibly flamingos dancing on the water.
So happy to have baptized our trip with so much beauty, we go back in the center of Paracas to recover our backpacks and go to the oasis of Huacachina.
The transfer is not, however, very easy. First we have to take two colectivos up to Pisco, then a bus real until Ica and finally a taxi to the aforementioned oasis
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Caro Narrabondo, sono passati 10 anni dal mio primo viaggio in Perù, quello in cui ho visitato Islas Ballestas e dintorni… l’avevo quasi dimenticata! grazie al tuo racconto ho ritrovato quel ricordo eclissato nei meandri della memoria! bell’effetto…
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Beh, se sono riuscito a far tanto, ne son felice. L’aver fatto tanti viaggi non aiuta a memorizzare. Grazie a te per avermi letto 🙂
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