- Il Castello di Santa Barbara e il quartiere di Santa Cruz ( viaggio in comunità valenciana 2015, capitolo 7)
Il castello di Santa Barbara va visitato al tramonto dopo una giornata di mare e dopo aver visto il barrio de Santa Cruz, il più pittoresco della città, ed essere arrivati fino alla Hermita di San Roque.
Questo quartiere è una specie di enclave interna alla città in cui le casine colorate disegnano il percorso come accadeva a Dorothy nel Mago di Oz. Queste strade normalmente non sono molto battute da estranei al quartieri.
Per questo gli abitanti, che pranzano e giocano a carte tra loro su tavoli piazzati in mezzo ai vicoletti, mi scrutano e cercano di capire chi sia, un quasi-turista che invade la loro vita bucolica.
Fa caldo, come praticamente sempre da queste parti, ma la mia voglia di esplorare non è stata minimamente scalfita.
In mattinata sono anche andato a visitare la cattedrale di San Nicola, il Comune ( bellissimo), la Chiesa di Santa Maria – da cui parte il cammino di Santiago del sureste – e il MACA ( museo di arte contemporanea.
Qui di fronte Gabriele, la mia ex coinquilina lituana ha aperto un negozietto, ma ho preferito non andarla a salutare.
Non per cattiveria, ma perché a volte è meglio non aggiornare il proprio computer dei ricordi.
Comunque, dicevo, il Castello di Santa Barbara va visitato al tramonto, quando per un attimo tutto tace e l’albergo Melia si mangia il sole.
Per accedervi ci sono diverse possibilità, ma la mia preferita è quella che parte proprio dal barrio e che permette in circa 15 minuti di dominare Alicante dall’alto.
Accanto alle armature di soldati in assetto di battaglia, è in corso un banchetto per non so quale cerimonia, ma i visitatori sono in ogni caso bene accetti.
Al Castello di Santa Barbara sono legati molte storie e aneddoti che meritano di essere raccontati. Tra questi il più curioso è quello legato a Re Jaime de Aragona. Si dice, infatti, che – quando Alicante venne ceduta dalla regina di Castilla al regno di Aragona – il sovrintendente di Alicante si rifiutò di consegnare la città al nuovo regnante dicendo: “me lo deve dire la regina di Castilla in persona che devo dare la città ad uno straniero”.
Venuto a sapere dell’affronto, Jaime assediò Alicante e sfidò, infine, il sovrintendente che in una mano cingeva una spada e nell’altra le chiavi della città. Il duello fu equilibrato, ma un soldato di Jaime – temendo per la vita del suo re – intervenne tagliando vigliaccamente entrambe le braccia al sovrintendente che, pur morendo dissanguato, continuò a stringere sia la spada che le chiavi.
Cosicché entrambi gli oggetti vennero recuperati e nascosti all’interno del Castello.
Da allora si dice che, quando queste chiavi verranno recuperate, Alicante sarà conquistata da ogni invasore.
Il Castello di Santa Barbara, tuttavia, è legato ad un’altra storia non meno tragica, ma comunque più recente: fu qui, infatti, che il 20 novembre del 1936 venne ammazzato il generale José Antonio Primo de Rivera, uno dei politici più brillanti che la Spagna abbia mai avuto. Per questo ogni 20 novembre molte persone si radunano sul castello proprio per ricordarlo.
Ad ogni modo la visita del castello (sempre gratuita), oltre ad offrire il miglior panorama sulla città, permette di vedere la piazza d’armi, le mura e i cannoni.
E’, quindi, per l’emozione ( o la stanchezza?) che dimentico il cellulare su una delle mura accorgendomene solo quando sono ormai già sceso.
Nel risalire di corsa, avverto anche un poliziotto ( “mica ha visto un cellulare per terra?”) che – gentilmente – si fa dare il mio numero e prova a chiamare.
A rispondere è una ragazza, che aveva ritrovato l’oggetto per terra, e me lo restituisce senza voler nemmeno essere ringraziata troppo.
Di contro il poliziotto scherza: “quanto mi è costata questa telefonata ad un numero straniero”?
Lo vorrei invitare al bar per offrirgli qualcosa, ma lui rifiuta e continua a scherzare.
In Spagna – salvo eccezioni – i poliziotti si mettono sempre a disposizione con la massima simpatia. Mica come in Italia, dove gente senza né arte né parte crede che, indossando una divisa, può agire impunemente come meglio crede ( id est: male, molto male)!
In ogni caso è un sollievo che abbia ritrovato il cellulare: mi sarei disperato se avessi perso tutte le foto del viaggio! Cinque anni fa anche io ritrovai un cellulare a terra nei pressi della plaza de Toros e chiamai i proprietari per restituirlo: è bello sapere che le cose ritornano.
E’ per questo motivo che di buon umore vado con Lluna in un ristorante del centro molto famoso, ma in cui non mangio a modo come nei locali in cui sono stato con David.
Tanto più che anche stasera la serata finisce in tinta.
Nel senso che, se ieri i sudamericani me l’avevano versato sulla maglietta bianca, ora – invece – è Lluna che decide di rovesciarmelo sul pantalone.
E vabbè.
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