I bloggo – hippie hanno rotto le scatole

Dannati hippies travestiti da bloggers,

avete rotto le scatole con i vostri articoli pieni di banalità in cui pensate di insegnarci come vivere e come essere felici.  Sono stufo della retorica e di  frasi quequere  del tipo “non siamo alberi attaccati al terreno e possiamo seguire la nostra strada”. 

Svolazzate di lido in lido e da qualche spiaggia esotica ci volete insegnare a campare, ma lo fate –  da prezzolati – esclusivamente per acchiappare dei polli, per illudere le persone, per avere engagement.

La verità è che mi ricordate l’hippie di Verdone di un Sacco Bello e per questo, rimanendo  nel film , ci vorrebbe Mario Brega  per tirarvi due ceffoni. Giusto due, perché altrimenti lo stordimento sarebbe eccessivo:

“Se non sei felice, perché non  cambi?”

“Se non ti piace il tuo lavoro, fanne un altro”.

” Molla tutto e scappa”.

E bravo, aspettavamo proprio te per elaborare dei brillanti pensieri così profondi.

Questi inni alla fuga, alla de-responsabilizzazione, al fregarsene di tutti e di tutto –  arricchiti da citazioni e falsi insegnamenti di vita – sono come  la corazzata Potemkin di fantonzziana memoria.  Null’altro. Sono inviti che valgono il tempo di un “like” estemporaneo per far fruttare  quattrini, ma la cui  valenza è zero.

Zero!

La verità è un’altra: noi non siamo isole. Non siamo esseri svolazzanti. Non siamo anime belle. Siamo animali sociali che operano nel mondo e il mondo non è perfetto, dunque i problemi esistono ( homo homini lupus). Ed esiste anche l’infelicità, la delusione, la frustrazione, la rabbia, il doversi accontentare. Questa è la crudissima verità. Scappare dunque non serve a nulla.  Serve semmai rimboccarsi le maniche, non darla vinta a nessuno,  portare con fierezza i segni delle  cicatrici. Sopravvivere ai nostri nemici appunto. Non sempre ci riusciamo, anzi spesso ci demoralizziamo e  vorremmo mollare tutto per davvero, ma sono momenti che fanno parte del gioco: se noi un problema – anziché affrontarlo – lo rimandiamo nel tempo e nello spazio, non faremo altro che accantonarlo momentaneamente per poi rivederlo riaffiorare assieme ad un altro problema che si presenterà.

  • Nomadi digitali o  accattoni qualunquisti ?

E’ altresì falso che noi non siamo alberi che possono andare ovunque indifferentemente e che la confort zone non esiste. La confort zone esiste e, come dice la parola, è comoda. Perché dunque rinunciare alla comodità per la scomodità? C’è qualcosa di razionale nel seguire la scomodità? La comodità ci dà sicurezze, ci dà serenità, ci dà pace, ci dà senso di appartenenza e ci è familiare.

Eppoi mica  siamo alieni, catapultati chissà da quale galassia,  senza memoria del passato e senza nessun legame. Noi, in quanto esseri umani con un vissuto, abbiamo delle radici. Abbiamo cioè  una specifica cultura, una educazione e un’anima di cui non possiamo fare a meno se non a patto di scappare per sempre e  di cancellare la nostra identità.  E questo, a parer mio, è una vera condanna all’infelicità.

  • Il senso del viaggiare

Per cui, bloggo-hippie , statemi a sentire: tacete e dismettete i vostri panni da guru a pagamento un tanto al chilo: esiste anche una dignità e una moralità. Ed esiste anche la possibilità di vivere la propria vita senza ergersi a guru trendy.  Viaggiare, muoversi, esplorare e conoscere è bello, ma non può essere fatto in eterno.  L’essere umano  sente infatti il bisogno di fermarsi per riposarsi ogni tanto, bisogno che si può soddisfare solo se si ha una casa in cui rifugiarsi. Una casa, ovvero una patria in cui non  ci si sente straniero.

Né è vero che bisogna viaggiare tanto per viaggiare. Ci deve essere sempre uno scopo alla base, una meta da raggiungere che ci deve dare il senso di tutto.  Anche il viaggio di piacere e o per riposarsi ha uno scopo. E’ finalizzato cioè  al bello, al divertimento o al recupero delle forze. C’è poi il viaggio per scoprire qualcosa di nuovo oppure per scoprire noi stessi, il viaggio per avventura, il viaggio per misurarsi, il viaggio per conoscere e per relazionarsi.

Lo scopo, come vedete, c’è sempre.

Nel film Balla coi Lupi il protagonista è un soldato che viene inviato in terre selvagge in cui vi sono ancora tribù indiane. Entrando a contatto con una di esse, dismette i panni del soldato per diventare parte di quella tribù. “Balla coi lupi”  però – questo è il nome che viene attribuito al protagonista impersonato da  Kevin Costner – non rinuncia ad ogni identità, ma ne trova un’altra. Trova cioè un’altra casa che sente più propria.

Questa è la vera lezione che apporta quel film. E’ la lezione di Julius Evola riassunta nella frase “la mia patria è lì dove si combatte per la mia idea”. Ovverosia: noi siamo anche liberi di scegliere, ma una patria esiste sempre. Non se ne può fare a meno. E la patria è comunità ed elemento fondamentale che forma la nostra persona.

Per questo ritengo che bisognerebbe smetterla di leggere questi inviti alla migrazione rondinesca scritti da gente maledettamente furba senza arte, né parte. La funzione di questi articoli è rassicurarci,  imbambolarci e farci leggere esattamente ciò che desideriamo per i momenti di sconforto, ma non forniscono alcun apporto.  Sono solo un modo per dire “armatevi e partite”.

  • La filosofia del futtetenne e la lezione di Bud Spencer.

Meglio dunque seguire il pensiero di Bud Spencer, lui sì che è stato un maestro di vita ( maestro, non guru). Bud infatti di vita non ne ha vissuta una sola, ma ne vissute almeno mille. Diceva infatti di aver fatto di tutto  tranne il fantino e il ballerino di danza classica. Ad un certo punto della sua esistenza, quando non era proprio nessuno, se ne andò in Brasile per misurare il suo valore. Poi però è tornato e ha preso tutto ciò che c’era da prendere dalla vita senza fermarsi mai, ma  tenendo sempre fede alla sua identità. Una delle più grandi lezioni che ci ha lasciato Bud Spencer è ricompresa nell’espressione futtetenne. L’ha sviluppata in qualche libro e l’ha sintetizzata in maniera divertente in una canzone – che lui definitiva “antistress” – cui penso ogni volta che sono veramente triste. Il succo di questo pensiero è che i problemi esistono, che esistono anche le sventure, ma esiste anche l’arte di riderci sopra. Insomma,  svolta pagina e futtetenne!

 

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10 commenti

    • Sono d’accordo con te dalla prima all’ultima parola (Madonna Santissima quante ce ne sono di mezzo però, sei bravo, ma magari “un po’ meno, grazie” 🤣😜)
      Chi crede di avere “le risposte” (nel blogging, nei social, nella vita) spesso non ha nemmeno capito bene “le domande”.
      Trovo che Viaggiare sia un’esperienza di vita, ma (come dici tu) non può essere LA VITA.
      Altrimenti se ne perde il fascino.
      Se ogni giorno è un’avventura, alla fine nessun giorno lo è più veramente…

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  1. A volte penso di essere l’unica a pensare certe cose ed invece vedo che non sono sola! C’è ancora speranza allora.. che poi mi piacerebbe anche sapere, quelli che lavorano come freelance nel mondo blogging, come facciano a trovare sempre clienti e compensi decenti visto che al giorno d’oggi è una giungla anche nel mondo dei cosiddetti lavori “normali”. O Forse sono io che una visione limitata.

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    • Macché, Nicoletta. Se è per questo io ho una visione ancora più limitata perché non ci so proprio fare. Non sopporto però quei tipi che credono di essere alternativi e invece sono solo dei produttori di banalità. Questo post l’ho scritto dopo aver letto uno di loro, peraltro autore di un blog di grande successo, che voleva insegnarmi a campare. Ridicolo insomma..

      Grazie di essere passata qui. A presto 😊😊😊

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  2. Io fuggo da coloro che ti vogliono insegnare la vita, da coloro che si riempiono la bocca (e la bacheca) di frasi fatte ma assolutamente vuote di contenuti, spesso citando a sproposito persone che quella frase non solo non l’hanno mai detta, ma nemmeno mai pensata.
    Purtroppo temo che esista chi presta a loro orecchie ed attenzione, e proprio per questo motivo queste persone vivono e vegetano.

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